Paolo Manfrini è il padre de I Suoni delle Dolomiti e se ne è preso cura fino al 2018, anno della sua prematura scomparsa. È stato un giornalista, prima direttore dell’Ufficio Stampa dell’allora Azienda di Promozione Turistica provinciale e poi direttore generale di Trentino Marketing, fino al 2015.
Paolo Manfrini
Ma è stato molto di più. Ecco il ritratto che l’amico Alberto Faustini, direttore storico di varie testate giornalistiche del Trentino, ci ha regalato:
“Paolo era un costruttore di sogni e idee. Aveva un’intelligenza scanzonata, Paolo Manfrini. Guardava la vita negli occhi. Con uno sguardo insieme colto e disincantato. Pop e sofisticato. Con la capacità di sdrammatizzare ogni cosa e di prendere sul serio tutto. Sempre in bilico fra il sorriso lieve e la profondità. E così come sapeva dialogare con la vita, riempiendola di idee, di suggestioni, di iniziative, riusciva a parlare con la morte: la guardava in faccia; non la temeva. L’aspettava: vivendo ogni giorno come se fosse il primo e insieme come se fosse l’ultimo.
Insomma, l’attendeva a modo suo: ignorandone fino all’ultimo istante l’esistenza. Ha fatto di tutto, Paolo: sempre con la capacità di essere pienamente impegnato in una cosa, ma anche con un piede e un frammento di immaginazione in un altrove. Giornalismo. Cultura. Turismo. Eventi. Politica. Amicizia. E gusto: per le storie, per i sapori, per i modi di vivere, per le persone. In lui tutto si mischiava continuamente, in un mazzo di carte, di pensieri e di curiosità che teneva sempre nella tasca della sua fantasia.
Era anche molto altro: un motore di cultura squisitamente locale e grandiosamente internazionale. Giocava su più registri: dalla filodrammatica – tradizione che aveva nel sangue, trasmessa non solo per vie paterne – a Oriente Occidente, ai Suoni delle Dolomiti, alle albe con gli scrittori o con i grandi artisti di questo tempo senza tempo, alle mille iniziative che aveva inventato o sostenuto. Credeva in un turismo alto e insieme spensierato, spiazzante: una sorta di trasposizione del suo modo di vivere, di pensare, di interpretare i suoi vari lavori. Il suo trucco – anche quando gli chiedevano di impegnarsi in politica, magari per fare il sindaco della sua città – era quello di abbattere le barriere fra sogni, lavoro, interesse.
Non c’era un pubblico, un privato, un intimo, un collettivo: i piani, sormontandosi, gli hanno sempre permesso di riempire d’entusiasmo e di energia travolgente ogni suo passo. Aveva la capacità di farsi coinvolgere da tutto, riuscendo comunque a restare un passo più in là: in un apparente distacco – che talvolta faceva impazzire chi gli chiedeva di mostrare la faccia dura che non aveva – dalle cose terrene, effimere, passeggere. Protagonista di molte stagioni e insieme comprimario attento a non far ombra: al presidente, all’assessore, al compagno d’avventura. Il suo garbo lo ha aiutato ad affrontare stagioni molto diverse fra loro. Col sorriso. Insieme ironico e beffardo. Con quell’aria e quello stile inconfondibile che non l’hanno abbandonato sino all’ultimo”.