Qual è la nota caratteristica del Festival?
È la felicità che il Festival porta alle persone. Le persone che partecipano al Festival sono felici di essere lì, in quel momento, e di aver scelto di vivere quell’esperienza. Non è solo il concerto in sé, ma tutta l’esperienza che parte dal momento in cui si sceglie di partecipare, regalarsi un concerto in una situazione speciale. Lo vedi negli occhi delle persone quando vengono a ringraziare. Incontri e saluti persone felici.
Quali sono i progetti speciali che ricordi con più affetto?
Ci sono stati tanti progetti speciali nel corso degli anni. Ricordo con piacere i Canti Rocciosi di Giovanni Sollima al Rifugio Boè, composti appositamente per il Festival e presentati per la prima volta al Rifugio. E poi la collaborazione con Ezio Bosso, che, dopo averlo ascoltato dal vivo, ho proposto a Paolo Manfrini, allora direttore artistico e ideatore del Festival, di fargli comporre qualcosa per noi ed è nato il bellissimo “Under the Trees’ Voices”. Ogni progetto speciale è una sfida, ma anche un’opportunità per creare qualcosa di unico e memorabile. E poi, tornando indietro, ricordo la prima alba che abbiamo fatto, al rifugio Alimonta. Quattro ore a piedi di cammino di notte, c’era Brunello con Erri De Luca, e sono arrivate su 400 persone. È stata un’emozione pazzesca. una roba incredibile. E, nello stesso anno, un’altra alba a Baita Segantini con Alessandro Baricco con addirittura 1500 persone!